
Uno degli aspetti più insidiosi della limerenza è che non si basa tanto su ciò che sta accadendo, ma su ciò che potrebbe accadere. Si nutre di aspettative, di immaginazione, di piccoli segnali che diventano la base per costruire intere narrazioni romantiche.
Ci diciamo che forse ha paura, forse ha bisogno di tempo, forse non si è ancora resa/o conto di quanto ci tiene. E intanto restiamo, a osservare, ad aspettare. Perché se solo cambiasse, allora tutto questo dolore avrebbe avuto un senso.
Il momento in cui ci aggrappiamo di più è quando ci stanno lasciando andare
Paradossalmente, più il LO (limerent object, ovvero la persona verso cui è diretto linnamoramento ossessivo) si allontana, più idealizziamo. Ogni minuscolo gesto viene percepito come un potenziale segnale: un like, una visualizzazione, una risposta tardiva. Ci sembra che forse qualcosa stia cambiando, forse ci sta ripensando.
In realtà, si tratta di rinforzo intermittente: un meccanismo psicologico potentissimo, lo stesso usato nelle slot machine. Non sapere quando e se arriverà una ricompensa (un segnale di interesse da parte del LO) crea un picco di dopamina nel cervello, e quel picco ci aggancia ancora di più. Anche solo un messaggio ogni tanto, anche un “cuoricino” lasciato distrattamente, può bastare a tenerci legati per giorni.
Ecco perché questo meccanismo è così subdolo: ci tiene agganciati proprio con l’incertezza.
La fantasia del “prima o poi”
Quante volte ci siamo detti: “Sta solo attraversando un momento complicato” “Con il tempo si affezionerà a me”. Oppure: “Ha solo paura di essere ferita/o”. O ancora: “Quando sarà pronta/o, tornerà da me”. Tutte queste frasi hanno un elemento in comune: mantengono viva la speranza. Speranza che, col tempo, si trasforma in illusione.
Nel cuore della limerenza ci sono due pilastri fondamentali: speranza e incertezza. Finché restano vivi entrambi, la limerence non muore. L’incertezza è alimentata dal comportamento ambiguo del LO: è difficile da controllare. Ma la speranza, quella è una scelta. E proprio per questo, arrivare a lasciar andare questa speranza è il primo vero passo verso la libertà. A riconoscere che sperare che cambi è ciò che ci tiene intrappolati.
La realtà è già tutta davanti a te
Se volesse esserci, ci sarebbe. Se ti volesse, lo dimostrerebbe. Non con frasi da decifrare, non con segnali da interpretare. Con azioni chiare. Presenza, continuità, coerenza.
Il “non adesso” è quasi sempre un “mai” travestito. Ogni giorno in cui non ti sceglie è un giorno in cui ha già fatto la sua scelta. Riconoscere questo è doloroso, ma è anche il primo passo per liberarsi.
Come disinnescare la fantasia
- Scrivi ciò che desideri: cosa ti aspetti da questa persona?
- Scrivi ciò che ha fatto finora: è coerente con ciò che vuoi?
- Fai il confronto. Non tra ciò che potrebbe accadere, ma tra fatti concreti.
- Ogni volta che ti torna la speranza, rileggi. Ricordati che stai cercando di salvarti.
Quando uccidi la speranza, anche l’incertezza perde potere. Il comportamento intermittente del LO non ti colpisce più nello stesso modo. Perché sai già che non significa niente. Sai già che non cambierà.
La verità che libera (anche se fa male)
Accettare che non arriverà. Che non cambierà. Che non si renderà conto. Fa male, perché equivale ad ammettere che tutto quello che avevi immaginato, sperato, proiettato su quella persona non si realizzerà. È una delusione profonda, che può farti sentire svuotato/a, come se qualcosa dentro di te fosse crollato. Ma dopo quel crollo, qualcosa inizia a risvegliarsi. Ti restituisce te stesso/a. Ti toglie dall’attesa. Ti riconsegna tempo, energia, lucidità. Ti libera dal continuo tentativo di interpretare segnali, dal tormento del “forse”. E piano piano, lascia spazio a qualcosa di nuovo: la pace.
Conclusione: La fantasia è dolce, ma la realtà è sana
Smettere di credere che cambierà è un atto di amore verso te stessa/o.
E forse, per la prima volta, è l’inizio di una storia vera. La tua.











Lascia un commento